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 ALEKSANDER SERGEVIC PUSHKIN
 
 
 26 maggio 1799 - 29 gennaio 1837: è questo larco di 
              vita di un grandissimo poeta troppo tardi compreso in patria, semplicemente 
              perché possedeva un genio straordinariamente russo e al tempo 
              stesso straordinariamente diverso da quello dei suoi compatrioti.              Tra le due date, un intero catalogo di opere. Mente versatile, in un paese che non conosceva il romanzo, dove 
              il racconto si esauriva in storielle romantiche, eccolo offrire 
              lirica e prosa, poema narrativo e teatro, racconto storico e fiabe, 
              un romanzo in versi, e una tragedia dove trovano veste drammatica 
              antiche cronache di vecchi annalisti. Ma la Russia ebbe in Puskin 
            soprattutto il suo maggior poeta.
 VITA DI PUSHKIN
 
 
  Nacque 
              da genitori di antica nobiltà, ma troppo presi dagli impegni 
              mondani per occuparsi del figlio, che ebbe affetto e calore soltanto 
              dalla nonna materna e dalla njanja Arina che gli narrava fiabe popolari. Ebbe precettori francesi, ma la sua cultura si formò soprattutto 
              sui libri di casa. Conosceva il francese anche meglio del russo 
              e lesse prestissimo Molière e Rousseau, Montesquieu e Voltaire; 
              a dodici anni venne ammesso al liceo che lo zar Alessandro I aveva 
              appena istituito a Carskoe Selo, non lontano da Pietroburgo, per 
              i giovani ingegni della nobiltà russa. E fu qui che si manifestò 
              la sua vocazione artistica.
 È del 1820 il poema Ruslan e Ljudmila che lo rese popolare 
              tra i coetanei, ma gli attirò le acerbe critiche dei letterati 
              conservatori.
 Dopo gli studi entrò al Ministero degli Esteri e la sua vita 
              si snodò tra salotti, teatri, avventure galanti e fantasie 
              poetiche, pur continuando a scrivere.
 Si accostò agli ambienti liberali e fece un po di politica, 
              anche se i veri cospiratori non lo presero mai sul serio; tuttavia 
              rischiò la Siberia per aver letto in pubblico dei versi poco 
              ortodossi contro Alessandro I. Se la cavò con vari trasferimenti 
              e più o meno lunghi periodi di esilio, durante i quali scrisse 
              i Poemi meridionali, Il prigioniero del Caucaso, I fratelli masnadieri, 
              e stupisce notare come egli costruisca un linguaggio di assoluta 
              autonomia e sappia assimilare per virtù istintiva materiali 
              eterogenei: loccasione autobiografica, la rievocazione storica, 
              il costume, la polemica politico-culturale, la fantasiosa rappresentazione 
              esotica, e sappia darci al tempo stesso un quadro realistico della 
              quotidianità contemporanea.
 Ed ecco ancora La fontana di Bachcisaraj, Gli zingari, Il conte 
              Nulin (scritto in due giorni) di tono romantico, ma già vigoroso 
              di motivi originali.
 
 Poi fu mandato a Odessa come addetto alla segreteria del governatore 
              generale, conte Voroncov, che... aveva una moglie troppo bella. 
              Anche Odessa parve bellissima a Puskin: si davano opere italiane, 
              cerano molti italiani, i ristoranti francesi e unanimazione 
              quasi meridionale. Fu certamente qui che cominciò a scrivere 
              il suo poema in versi, lEugenio Onegin (vi si trovano infatti 
              molti italianismi e per di più la protagonista Tatiana somiglia 
              molto a Elisaveta Voroncova).
 
 Risultato? Un brusco licenziamento: Voroncov aveva giudicato Puskin 
              un dipendente scomodo.
 
 Puskin raggiunse allora la proprietà materna di Mihajlovskoe, 
              a sud di Pietroburgo, e furono due anni di intenso studio e di accanito 
              lavoro. Scrisse il grande poema storico Boris Godunov e uninfinità 
              di liriche, tra cui Il profeta, Il poeta, La plebe...
 
 
  Intanto 
              alla morte di Alessandro I era salito al trono Nicola I, che era 
              riuscito a sedare la rivolta dei Decabristi. Il nuovo zar volle 
              mostrarsi magnanimo, mandò un poliziotto a prelevare Puskin, 
              lo ricevette nel convento moscovita di Cudov e in cambio di una 
              promessa di ravvedimento gli concesse il suo perdono 
              e un piccolo posto. Puskin rimarrà comunque sempre una specie 
              di sorvegliato speciale. Dopo aver pubblicato il poema Poltava portò a termine lEugenio 
              Onegin (8 capitoli, 5541 versi) una vera enciclopedia della vita 
              russa (così ebbe a dire il critico Belinskij). È lopera 
              che meglio rispecchia la personalità del poeta, unopera, 
              unica nella letteratura mondiale, di imprevedibile varietà: 
              ci sono descrizioni, toni ironico-sentimentali, indagini psicologiche, 
              polemiche culturali, analisi dambiente, quadri di costume. Cè tutta la società russa contemporanea coi 
              suoi problemi, i suoi uomini in vista.
 Ancora in questo periodo, Puskin compose le piccole tragedie, 
              sorta di poemetti drammatici: Mozart e Salieri, Il cavaliere avaro, 
              Il convitato di pietra, Il festino durante la peste e il racconto 
              Dubrovskij. E poi ecco i Racconti di Belkin, mirabili esempi di 
              narrativa.
 
 1831. Stanco ormai di avventura, Puskin sposa la bellissima Natalja 
              Goncarova, e fu un matrimonio infausto.
 È davvero il principio della fine. Il poeta si copre di debiti 
              per saziare il desiderio di lusso della moglie, le pretese della 
              suocera. Natalja è così bella che se ne invaghisce 
              anche lo zar, il quale, per averla a corte, nomina Puskin gentiluomo 
              di camera, un posto adatto a un diciottenne, non certo a un poeta 
              affermato.
 
 Nonostante tutto, continua a scrivere: Il cavaliere di bronzo, un 
              romanzo diventato famoso; La figlia del capitano, dove è 
              raccontata la rivolta di Pugacëv, La dama di picche, alcune 
              fiabe, e riesce perfino a varare una rivista: Il contemporaneo.
 
 Poi il cerchio si chiude. Puskin sfida a duello lennesimo 
              corteggiatore della frivola moglie, il barone DAnthes. Ferito 
              a morte da un uomo banale, per una donna banale, morirà dopo 
              due giorni di agonia.
 
 Nessuno commemorò la sua morte, il capo della gendarmeria 
              aveva proibito ai giornali ogni necrologio; soltanto uno, Linvalido 
              russo scrisse, eludendo il divieto: Il sole della nostra 
              poesia è tramontato.
 
     OPERE DI PUSHKIN 
 
 La produzione poetica  Le 
              prime prove poetiche e i contatti con i riformatori Puskin li ebbe 
              al liceo. Le liriche liceali sono sostanzialmente ancora imitative, 
              nel tipico gusto dell'Arzamas, la semiseria associazione politica 
              creata da Zukovskij, Batjuskov e Vjazemskij. Ma incredibilmente 
              mature e scaltrite dal punto di vista tecnico. 
 Nel 1820 ebbe il primo clamoroso successo con il poema Ruslan e 
              Ljudmila. Domina una limpida ironia di tipo voltaireiano. Agli inizi 
              dell'esperienza poetica puskiniana sono influenze francesi, e una 
              ispirazione lirica classicista che privilegia il momento della composizione, 
              della scelta lessicale e sintattica rispetto a quello della creazione 
              metaforica.
 
 A Kisinev, sotto influsso di Byron, scrisse i cosiddetti 'poemi 
              meridionali': Il prigioniero del Caucaso (1820-1821), La fontana 
              di Bachcisaraj (1822), I fratelli masnadieri (1821): materiali di 
              cronaca e di storia, di autobiografia e di leggenda servono a maturare 
              la sua tendenza realista. L'incontro con Byron condizionò 
              più i temi e le atmosfere, e soprattutto certe cadenze narrative, 
              che non la forma, sempre tesa a un ideale di purezza e perfezione 
              verbale perseguito attraverso una irripetibile corrispondenza tra 
            lessico, costruzione sintattica e impianto metrico.
 
 
 Evgeni Onegin
 La fase più alta della lirica di Puskin è data dal 
              romanzo in versi Evgeni Oneghin. Iniziato nel 1823, portato a termine 
              nel 1831, si tratta di un poema narrativo in otto canti.
 Onegin è giovane e ricco, egocentrico, prediletto dal bel 
              mondo pietroburghese. Ritiratosi per un po' in campagna, fa amicizia 
              con il giovanissimo poeta Vladimir Lenskij, con cui frequenta la 
              famiglia Larin. Il puro idealista Lenskij si fidanza con una delle 
              figlie Larin, Olga. L'altra figlia, Tat'jana, graziosa e appassionata, 
              si innamora di Onegin e glielo confessa ingenuamente in una lettera. 
              Onegin la respinge freddamente, e durante una festa corteggia Olga 
              suscitando l'ira di Lenskij. Nel duello, Lenskij muore.
 Più 
              tardi Onegin incontra a Pietroburgo Tat'jana, diventata moglie 
              di un generale e dama del gran mondo della capitale. La corteggia, 
              ma lei rifiuta il suo amore dichiarandosi fedele al marito e non 
              disposta al tradimento, pur non avendo dimenticato l'antica passione.
 
 E' un perfetto, concluso organismo vitale nel suo graduale evolversi 
              dalla esuberante vitalità del primo capitolo alla compressa 
              tensione drammatica degli ultimi. Nato, come impulso iniziale, dal 
              ricordo del Don Juan di Byron, influenzato come struttura narrativa 
              dal Tristram Shandy di Sterne, il poema divenne il modello di una 
              lingua fondamentale del romanzo russo ottocentesco. E' un realismo 
              poetico, dove la descrizione è stimolata dall'atmosfera emotiva 
              dei personaggi e scavalca la pura analisi psicologica. E' la matrice 
              della grande tradizione realistica, da Lermontov a Turgenev a Goncarov 
              fino a Guerra e pace di Tolstoj. Onegin con la sua irresponsabile 
              autoindulgenza, Tat'jana la donna virtuosissima ma non puritana 
              né moralista, sono i capostipiti di tutta una serie di personaggi 
              della letteratura russa moderna, anche se l'atteggiamento di Puskin, 
              di "simpatia senza pietà per l'uomo e di ammirazione 
              senza ricompensa per la donna" (secondo la formula datane da 
              D.P. Mirskij), nessun altro autore è riuscito più 
            a riproporlo.
 
  Nel periodo in cui lavorava all'Evgeni Onegin, Puskin scrisse anche 
              Il conte Nulin (1825), e La casetta a Kolomna (1830), ironici e 
              piccanti racconti in versi di argomento contemporaneo. Ne Gli zingari 
              (1824), la raffigurazione idealizzata degli zingari bessarabici 
              come rappresentanti di uno stato naturale dell'umanità, fece 
              parlare Dostoevskij di scoperta e difesa dell'anarchia. In Poltava 
              (1828) la storia dell'amore del vecchio cosacco Mazeppa si intreccia 
              con il motivo epico della lotta di Pietro il Grande contro Carlo 
              di Svezia.A questo periodo appartengono alcune tra le migliori liriche puskiniane. 
              Esse vanno sempre più perdendo ogni traccia di accattivante 
              emotività lirica per raggiungere, negli anni '30, un ideale 
              di «elegia oggettiva», impersonale nella sua universalità, 
              spesso usata per dare corpo a sentimenti corali.
 
 L'ultimo grande poema narrativo di Puskin è Il cavaliere 
              di bronzo, scritto nel 1833 (pubblicato nel 1841). Una drammatica 
              espressione del contrasto tra ragione di stato e diritti dell'individuo, 
              simbolizzati nella figura di Evgenij, il primo piccolo burocrate 
              della letteratura russa ottocentesca: un insignificante impiegato 
              alle prese con l'inondazione di Pietroburgo del 1824.
 Puskin ha scritto anche splendide fiabe in versi. Tra esse: La favola 
              dello zio Saltan, e La fiaba del galletto d'oro. Le sue capacità 
              tecniche e formali sono qui in perfetta sintonia con l'atmosfera 
              e gli umori del folklore russo.
   La narrativa in prosa
 Del 1828 è il romanzo incompiuto Il negro di Pietro il Grande, 
              in cui Puskin rievoca la figura di un suo avo, l'etiope Hannibal, 
              che era stato ingegnere generale alla corte di Pietro il Grande. 
              Dal 1830 Puskin si dedicò intensamente alla prosa. Nacquero 
              così i Racconti di Belkin (1830), dove la trama-aneddoto 
              serve da pretesto per mettere a punto congegni narrativi.
  La 
              donna di picche (1834). In esso una materia altamente romanticista 
              e evocativa viene compressa in una forma di nobile nudità 
              parnassiana. Una storia narrata dal giovane ufficiale Tomskij ha 
              stimolato l'avidità di Germann, uomo di pochi mezzi e molta 
              ambizione. Secondo il racconto, una vecchissima contessa conosce 
              tre carte sicure per vincere al gioco, indicatele in gioventù 
              dal famoso occultista Saint Germain. Circuita la giovane dama di 
              compagnia della contessa, Lisaveta, Germann riesce una notte a introdursi 
              nella camera della vecchia. Minaccia e implora invano: la vecchia 
              muore di spavento senza aprire bocca. Pochi giorni dopo gli appare 
              lo spettro della contessa, gli rivela le carte (tre, sette, asso) 
              ma gli impone di sposare Lisaveta. Deciso a vincere, ma senza obbedire 
              alla seconda richiesta della vecchia contessa, Germann gioca e vince 
              due volte. La terza volta, al posto dell'asso esce la dama di picche. 
              Germann impazzisce.
 
 La figlia del capitano (1836) è la storia della rivolta di 
              Pugacëv. Si narra delle avventure del giovane alfiere Pëtr 
              Andreic Grinëv, mandato militare dal padre. Il viaggio verso 
              la fortezza di Orenburg, accompagnato dal precettore Savelic, l'aiuto 
              ricevuto da un barbuto contadino durante una tormenta che gli ha 
              fatto perdere la strada, l'arrivo e il soggiorno alla fortezza di 
              Bologorsk dove, mentre arrivano glie chi dell'avanzata di Pugacëv, 
              Grinëv si innamora della timida Masha, figlia di Mironov capitano 
              del fortino. Sono gli episodi che precedono l'episodio centrale: 
              la presa della fortezza da parte di Pugacëv.
 Mironov e la moglie 
              sono uccisi dai ribelli, Grinëv viene inesplicabilmente graziato 
              da Pugacëv, che pure ha al fianco un antico nemico di Grinëv, 
              il disertore Svabrin.
 Venuto a sapere che Masha, creduta morta, 
              è invece prigioniera di Svabrin, Grinëv ottiene da Pugacëv, 
              che è poi il contadino incontrato nella tormenta, Masha, 
              la vita salva e la libertà. Svabrin lo denuncia per collusione 
              con i ribelli. Grinëv arrestato, rischia la pena di morte. 
              Lo salva Masha che, superata ogni timidezza, va a Pietroburgo e 
              ottiene la grazia dalla zarina Caterina II, che riesce a convincere 
              dell'innocenza dell'alfiere. Il conciso realismo di questo racconto, 
              sottilmente ironico, diede alla narrativa russa una stimolante alternativa 
            allo splendore ornamentale di Gogol'.
 Il teatro
 Al teatro Puskin diede il grande affresco drammatico in prosa e 
              in versi Boris Godunov. Composto nel 1825 (pubblicato nel 1831), 
              è il primo tentativo russo di tragedia romanticista, in senso 
              shakespeariano. Il soggetto è ripreso dalla Storia di Karamzin. 
              Quattro microdrammi in versi sono: Mozart e Salieri, Il festino 
              durante la peste, Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra (1830), 
              nei quali Puskin affronta con una scrittura splendidamente disadorna 
              alcuni nodi di intensa drammaticità psicologica.  Restano anche frammenti di opere incompiute, come il dramma Rusalka, 
              il romanzo Dubrovskij. Tra i saggi è la Storia della rivolta 
              di Pugacëv (1834), mirabile esempio di letteratura storico-narrativa. 
              Viaggio a Arzrum (1836) è un resoconto di viaggio fatto sul 
              fronte caucasico nel 1829. Fitto e illuminante il suo Epistolario.      PUSKIN 
              E SAN PIETROBURGO
   Il Caffé di Puskin Al numero 18 della Prospettiva Nevskij si trova il celebre Caffè 
              Wulf, frequentato da Puskin e un po' da tutti gli intellettuali 
              di San Pietroburgo.   Il Teatro accademico di prosa A.Puskin  In fondo alla piazza Ostrovskogo (plocad' Ostrovskogo 2), 
              dietro allimponente monumento a Caterina II, si trova il Teatro 
              accademico di prosa A.Puskin (meglio noto come Teatro Aleksandrinskij), 
              di stile impero, da molti ritenuto un capolavoro. Il suo insieme 
              architettonico, creato in stile del classicismo russo su progetto 
              di Carlo Rossi, è uno dei più belli ed armoniosi di 
            San Pietroburgo.  Il teatro fu chiamato Aleksandrinskij in onore 
              della moglie dell'imperatore Nicola I, Aleksandra. Nel 1937, l'anno 
              del centenario della morte di A. Puskin, al teatro fu attribuito 
              il nome del grande poeta nazionale. Il teatro è uno dei più 
              famosi di San Pietroburgo. Il suo repertorio è composto da 
              spettacoli di drammaturgia di autori classici russi e stranieri. 
              Solo ultimamente in questo teatro vengono rappresentati anche balletti. 
              Gli spettacoli, nei giorni feriali, iniziano alle 19.00. Il sabato, 
              la domenica e nei giorni festivi alle 18.00. La stazione della metropolitana 
              più vicina è "Gostinij dvor".
 
    La 
              città Puskin
 Nelle vicinanze di San Pietroburgo, si trova la città di 
              Puskin. Ha non solo i suoi conosciutissimi palazzi e parchi, ma 
              soprattutto il memoriale, intitolato al famoso poeta russo Puskin, 
               della sua vita trascorsa in questa città. Alexander Puskin 
              trascorse infatti la sua giovinezza al Liceo di questo paese. La 
              tipica architettura delle costruzioni ed i paesaggi dei parchi sono 
              stati una delle sorgenti di ispirazione per i suoi poemi di quegli 
              anni.
 
 
 La statua di Puskin Di fronte al Museo Russo, al centro della tranquilla ploshad Iskusstv 
              (che deve il suo nome al gran numero di musei e sale da concerto 
              che ospita) è possibile ammirare una statua di Puskin, eretta 
              nel 1957.   LAppartamento-Museo Puskin Puskin morì in questa casa nei pressi del fiume Moyka (Nabereznaia 
              Reki Mojki al numero 12) nel 1837, dopo un duello con il Barone 
              dAnthes che aveva pubblicamente importunato la bella moglie 
              di Puskin, Natalia. Il fatto sembra fosse stato in qualche modo 
              voluto dallo zar Nicola I, il quale non amava il poeta radicale 
               e che, pare, avrebbe potuto essere uno spasimante di Natalia.
 Il museo comprende una visita guidata in lingua russa (le visite 
              guidate in lingua inglese devono essere concordate in anticipo).
 Lappartamento è stato ricostruito in modo da essere 
              identico, in tutto e per tutto, a come si presentava durante gli 
              ultimi giorni durante i quali il poeta visse. Per i visitatori più 
              'convinti' in esposizione si trovano il biglietto ingiurioso che 
              diede origine al duello mortale e
la maschera mortuaria di 
              Puskin, una ciocca dei suoi capelli e il panciotto che indossava 
              quando morì.
 
 Nab reki Moyki 12
 10.30-18 da mercoledì a domenica
 
 
  La 
              Casa di Puskin
 Ledificio della Vecchia Dogana, sormontato da alcune statue 
              e da una cupola, è oggi comunemente noto come Casa di Puskin              e ospita lIstituto di Letteratura russa e un Museo Letterario, 
              con mostre su Tolstoj, Gogol, Lermontov, Turgenev, Gorkij 
              e altri. Gli archivi del museo contengono la raccolta di manoscritti 
              russi medievali più ricca del mondo. I custodi non sono molto 
              ben disposti nei confronti di visitatori di passaggio; telefonate 
              per prenotare una visita guidata in inglese o in russo. 
 www.pushkinhouse.spb.ru
 nab Makarova 4
 10-16 da lunedì a venerdì
 
 
 Sito del duello di Puskin Questo luogo è meta di un pellegrinaggio letterario da parte 
              di coloro che piangono la morte del genio poetico russo Alexander 
              Puskin, assurdamente ucciso in un duello dal nobile francese Georges 
              dAntès nel 1837. In questi due secoli la vicenda si 
              è ammantata di risvolti quasi mitici. Il 27 gennaio, dopo 
              aver consumato il suo ultimo pasto al Literatornoye Kafe su Nevsky 
              prospekt, Puskin raggiunge su una slitta questo luogo remoto per 
              incontrare il suo avversario.
 DAntès, un nobile accusato 
              da intere generazioni di storici russi di essere un agente dello 
              zar, un omosessuale e una spia (o forse tutte e tre le cose insieme) 
              aveva fatto delle avances in pubblico a Natalia Goncharova, la moglie 
              di Puskin. Per difendere il proprio onore, il poeta sfidò 
              a duello il francese in questo luogo, nel Kolomyazhsky prospekt. 
              Gravemente ferito, Puskin morì dopo due giorni di agonia 
              nel suo appartamento sulla Moyka.
 Sul luogo in cui fu colpito sorge 
              oggi un monumento di marmo dove ci sono sempre dei fiori freschi.
 
 A San Pietroburgo sulle tracce di Puskin
  Il 
              punto di partenza è obbligato: piazza dei Decabristi, sulla 
            riva della Neva, davanti al monumento a Pietro il Grande.
 Il turista 
              che vuole visitare San Pietroburgo seguendo le tracce di Aleksander 
              Puskin (lautore di Boris Godunov, Eugeni Oneghin, La dama 
              di picche, La figlia del capitano) deve partire da qui, davanti 
              al celebre Cavaliere di Bronzo al quale Puskin dedicò 
              uno dei suoi poemi più famosi. La statua venne realizzata 
              da Etienne Falconet nel 1778: lo zar fondatore di San Pietroburgo 
              è a cavallo, ha una corona dalloro sul capo, e sotto 
              gli zoccoli del suo destriero cè un serpente a significare 
              la sua vittoria sugli svedesi. Puskin ne ha fatto il protagonista 
              del suo onirico poema Il Cavaliere di Bronzo dove il povero Eugenio 
              sconvolto da una piena della Neva immagina che la statua scenda 
              dalla roccia che gli fa da piedistallo e lo insegua per la città: 
              il mattino dopo Eugenio verrà trovato morto.
 Leggenda vuole 
              che finché la statua rimarrà al suo posto la città 
              non correrà alcun pericolo. Così i cittadini di San 
              Pietroburgo vengono qui a farsi fotografare il giorno del matrimonio.
 Da qui potete provare a ripercorrere la stessa strada che faceva 
              Puskin per andare a casa: costeggiate la Neva fino allErmitage, 
              poi attraversate la piazza del Palazzo e seguite il corso del canale 
              Mojka, al n. 12 cè la casa dove Puskin abitò 
              per poco più di un anno e dove morì il 29 gennaio 
              1837. Lappartamento al pianterreno, undici stanze con vista 
              sul canale, ora è il Muzej Kvartira Puskin (Museo Appartamento 
              Puskin).
 Prima di entrare nellappartamento vero e proprio 
              dovete sottoporvi al tradizionale rito da museo russo: ovvero infilare 
              le vostre scarpe in quelle buffe pattine con elastico che vi impediranno 
              di sciupare il pavimento. Al pianterreno ci sono bacheche con disegni 
              e schizzi di Puskin (era anche un abile disegnatore), copie delle 
              pistole del duello, e la celebre lettera che lo nominava gran 
              maestro dellordine dei cornuti: da lì partirà 
              la sfida a duello a Georges DAnthès il corteggiatore 
              di sua moglie (in valigia dovete assolutamente avere "Il bottone" 
              di Puskin di Serena Vitale che vi farà da viatico letterario).
 
 Al primo piano cè il salotto con il pianoforte e sopra 
              gli spartiti di Don Giovanni e Norma, i ritratti di famiglia, il 
              calice con il quale brindò dopo il matrimonio con Natalja.
 Proprio al centro dellappartamento, con vista sul canale, 
              cè il suo studio: una biblioteca con più di 
              4000 volumi, la sua poltrona in cuoio rosso, il porta inchiostro 
              sulla scrivania, a una parete una spada donatagli dal governo turco.
 Lultima stanzina, prima di uscire, ha in una bacheca il gilet 
              nero che indossò nel duello, un guanto (laltro è 
              nella bara), la candela usata nella cerimonia funebre e la maschera 
              mortuaria. Al piccolo shop di souvenir ci sono piccoli quaderni 
              con lo schizzo del suo autoritratto, riproduzioni un po kitsch 
              del suo monumento, ma se, emozionati
  dallaver condiviso per 
              qualche minuto la vostra vita con i cimeli del grande autore, vi 
              vien voglia di leggere qualcuna delle sue opere dovete aspettare 
              il rientro in Italia perché i libri sono tutti in russo. 
 Prima 
              dellultima tappa, se la puskinite non vi lascia 
              scampo, dovreste almeno rendere omaggio al monumento a Puskin (con 
              il braccio destro poeticamente alzato) che troneggia davanti al 
              Museo Russo (dove cè una straordinaria collezione di 
              icone) in piazza delle Arti. Da lì, dando le spalle al monumento, 
              lasciate alla vostra sinistra la sede della Filarmonica di San Pietroburgo, 
              alla vostra destra il Grand Hotel Europe ed entrate, girando a destra, 
              nella Prospettiva Nevskij: al n. 18 cè il Caffè 
              Letterario, ex Wolff et Béranger, dove il 27 gennaio 1837 
              Puskin incontrò il suo testimone Danzas.
 Sotto le volte a 
              botte e tra i velluti potete mangiare (la cucina è ottima) 
              o prendere semplicemente un caffè; da una saletta più 
              piccola vi giungerà il suono di un pianoforte e di una cantante 
              (sul conto ci sarà un piccolo sovrapprezzo musicale), 
              ma se siete andati a San Pietroburgo anche per rendere omaggio al 
              mito Puskin non potrete non farvi scattare una foto accanto a un 
              tenebroso avventore che cè in una saletta di passaggio: 
              ha un abito bordeaux, una penna in mano e un cilindro nero sul tavolo, 
              è la statua di cera del poeta, cristallizzato per sempre 
              pochi attimi prima di recarsi a Cernaja Recka, dove troverà 
              la morte, ucciso in duello (come Lenskij nel suo Eugeni Oneghin) 
              da Georges DAnthès.
 
     PUSKIN E LITALIA
 Monumento a Roma
 In Viale Madama Letizia a Roma, dono della città di Mosca, 
              nel 2000 fu inaugurata una statua di Puskin. Il monumento è 
              opera dello scultore russo Yuri Orekhov. Scuola media di lingua russa a Milano
 A Milano, in Via Melzi dEril 9, la scuola russa, diretta 
              dalla professoressa Elina Viktorovna, si chiama proprio A. 
              S. Pushkin. Convegno internazionale di studi sul tema Puskin europeo
 Nell'ottobre del 1998, questo Convegno si è proposto come 
              introduzione e atto iniziale delle manifestazioni promosse in ogni 
              parte del mondo e soprattutto in Russia per celebrare il bicentenario 
              della nascita del grande poeta (1799-1837). Voluto dalla Fondazione 
              Giorgio Cini e dall'accademia Nazionale dei Lincei, questo incontro 
              di studio, svoltosi parte a Roma e parte a Venezia, ha visto la 
              partecipazione di alcuni fra i maggiori slavisti e studiosi internazionali 
              di Puskin, concordi nel sottolineare i forti legami della sua vita 
              e delle sue opere con la cultura europea occidentale e insieme con 
              lo spirito russo.
 Così appunto Vittorio Strada nellintroduzione, 
              e così per più specifici aspetti gli altri interventi, 
              intesi a illustrare i suoi rapporti con la Bibbia e il cristianesimo, 
              con la musica e con il genere «romanzo», con l'Italia 
              e la lingua italiana, o con la Francia e Lamartine. Si aggiungono 
              corpose indagini sul contesto storico-culturale del primo Ottocento 
              russo - tra eredità illuministica, decabristi e tramonto 
              del «razionalismo retorico» - e infine alcune esplorazioni 
              della sterminata bibliografia puskiniana, sia per quanto riguarda 
              gli studi critici o le traduzioni di sue opere in prosa e in versi 
              apparse in Italia, sia per il riflesso che esse hanno avuto in vari 
              momenti importanti della storia del cinema.
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