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DIMITRI SHOSTAKOVICH

VITA

DIMITRI SHOSTAKOVICH

Dmitrij Shostakovich è stato un compositore russo. Frequentò il conservatorio di San Pietroburgo diplomandosi nel 1923 in pianoforte e nel 1925 in composizione. Fu una delle più importanti figure della musica moderna russa e ricevette diversi riconoscimenti sia in campo nazionale che internazionale. Il suo linguaggio si rifà alla tradizione e cultura russa, mischiandola a una propria e originalissima visione della forma e contenuto. Shostacovich fu anche autore di colonne sonore di numerosi film.
Dmitri Shostakovic nacque a Pietroburgo il 25 ottobre del 1906 e morì a Mosca il 10 agosto del 1975. Egli si formò artisticamente nel clima politicamente e culturalmente acceso della rivoluzione sovietica. I suoi primi lavori rimangono ancora oggi la testimonianza musicale (forse) più significativa di un periodo di grandi aperture nei confronti della cultura e dell'arte sovietica (ci riferiamo in particolare a quella che seguì immediatamente la Rivoluzione d'Ottobre), quasi per "volontà di rispecchiamento della realtà oggettiva in un momento storico determinato" (Gentilucci).
Nomi di artisti ed intellettuali come Maiakovski, Gorki, Eisenstein, Pudovkin e Mejerchold riempiono la storia di quegli anni d'illusoria rinascita. Le opere teatrali di Sostakovich come Il Naso (1930) e Lady Macbeth (o Katerina Ismailova) del 1934, ma anche le sue prime quattro sinfonie riflettono i fermenti straordinari di quel periodo così importante per la Storia dell'umanità.
D'improvviso però, dopo l'esecuzione di Lady Macbeth e della Quarta sinfonia, Sostakovic andava incontro (siamo nel 1936) ad accuse terribili di formalismo da parte della critica sovietica più sbrigativa ed intransigente.
Attacchi che traevano velenosa linfa dal desiderio (praticamente irrefrenabile) di fiaccare tutto quello che non poteva essere "compreso senza sforzo dalle masse"; l'impeto avanguardista di Shostakovich, come di altri compositori (si pensi, per esempio, a Prokofiev) e ad artisti a lui contemporanei, venne immediatamente spento dalla burocrazia totalitaria sovietica (all'epoca c'era un "certo" Stalin) ormai completamente succube delle direttive del Partito.
Oggi rivedendo il giudizio (talora negativo) che molti critici e musicologi in passato hanno espresso nei confronti del compositore russo andrebbero decisamente smorzati i toni delle polemiche che per anni si sono letteralmente infiammate sulla sua figura.
Da una parte infatti c'erano e ci sono ancora i nemici dichiarati di Shostacovich, che hanno sempre considerato la sua musica quale espressione simbolica delle contraddizioni insanabili di una società russa ormai burocratizzata, quando non addirittura la (presunta e passiva) adesione, da un certo momento in poi della sua vita, alle direttive del Partito; dall'altra, gli ammiratori incondizionati della sua musica in gran parte d'Europa e del mondo, per i quali, Shostakovic rappresentava e rappresenta ancora oggi, come modello estetico, la salutare rinuncia all'eversione avanguardistica ed all'introspezione problematica, in favore di un approccio più conservatore alle forme tradizionali, spogliate, peraltro, di ogni sofisticata sovrastruttura.
Vero è anche che a partire dal 1956 gli scritti pubblicati da Sostakovich sulla PravdaDIMITRI SHOSTAKOVICH
erano un continuo riferimento alla necessità da parte dei giovani musicisti sovietici di impegnarsi in una ricerca più coraggiosa e vicina alle loro aspirazioni:"Stiamo dimenticando che l'Arte dei classici è sempre stata un'irrequieta ricerca. Essi hanno aperto terreni nuovi, hanno combattuto la routine ed il filisteismo, hanno affrontato i problemi più brucianti del loro tempo, creando nuovi mezzi d'espressione artistica. Le si cita spesso, ma si pensa purtroppo pochissimo alle meravigliose parole di Musorgskij: verso nuovi lidi!"
Risulta pertanto davvero difficile in questo complesso marasma politico-culturale dell'epoca offrire una lettura precisa, univoca ed il più possibile pacifica sul reale valore di Sostakovic.
A "parziale" discolpa (almeno per i suoi detrattori) andrebbe ricordato il travolgente entusiasmo e l'appassionata tensione che alimentarono i primi passi dell'artista, tutti tesi nello straordinario sforzo della costruzione di un paese socialista libero. Se poi la Storia ha confutato (se non addirittura ribaltato) molti giudizi su di lui, sugli uomini e sulla società di quell'epoca, a noi posteri non resta che prenderne atto. Ovviamente con le necessarie cautele.

Quando nel 1951, per commemorare il 200° anniversario della morte di Bach, Shostakovich pubblicò, dopo averli composti con enorme rapidità, i Ventiquattro preludi e fughe op. 87, probabilmente nei paesi occidentali ben pochi se ne accorsero. La prima incisione discografica fu affidata, molto tempo più tardi, alla prima esecutrice, Tatiana Nikolayeva, e fino a qualche anno fa era l'unica disponibile sul mercato. Oggi esistono diverse integrali (perfino una di Keith Jarrett), ma non è facile trovare questi brani nei normali programmi da concerto. Ma già negli anni Cinquanta, gli stessi in cui "infliggeva" al pubblico sovietico l'integrale del Clavicembalo ben temperato di Bach, Sviatoslav Richter aveva in repertorio molti preludi e fughe di Shostacovich, e così anche Emil Gilels. Perché oggi e non ieri il successo di questi pezzi, e in generale della musica di Shostakovic?
Guardiamo alla forma e al loro linguaggio. È chiara l'intenzione del compositore di affermare la vittoria della musica tonale - ventiquattro composizioni nelle ventiquattro tonalità, come Bach, nell'ordine tonale dei Preludi di Chopin - a fronte di un'evoluzione del linguaggio musicale che aveva espresso la dodecafonia e che dopo la guerra stava, in Occidente, viaggiando velocemente verso l'avanguardia più radicale. Ma Sostakovich, chiuso nella sua casa, isolato anche dalla vita pubblica - in quegli anni anche lui, secondo le direttive "culturali" del Partito, era considerato un compositore di "musica degenerata antipopolare e formalista" - non scrive per il presente, e forse neanche per il futuro. Compie un atto di fede nei confronti di un linguaggio considerandolo un po' come un'utopia.
In questi brani, come in tutte le grandi espressioni artistiche, ognuno può trovare il modo di riconoscersi un po'. La persona interessata all'aspetto strumentale-concertistico troverà interesse nella loro talvolta disperante difficoltà tecnica (Richter quando li studiava si ispirava leggendo Moby Dick!). Quella interessata agli aspetti compositivi rimarrà affascinata dalla varietà di soluzioni offerta: una fuga, la Prima, tutta sui tasti bianchi, la Quindicesima con un tema quasi dodecafonico interrotto a più riprese da martellanti cadenze perfette, la Settima costituita esclusivamente da un arpeggio saettante di la maggiore, l'ultima in re minore che col suo scampanio ricorda il finale dei Quadri di un'esposizione di Musorgskij; brandelli di canti popolari, così come di danze sfrenate o stilizzatissime si alterneranno a descrizioni quasi cinematografiche di paesaggi (più dell'anima che reali, però). Lo spirito ipocondriaco del compositore ci porterà con spirito tipicamente russo nei più grandi abissi del dolore, ma anche ci accoglierà con la sua risata beffarda. Tenerezze infinite e austerità conventuali verranno rappresentate davanti a noi in un linguaggio altamente simbolico che ha però il massimo desiderio - ed è questo, forse, il motivo del suo successo oggi - di comunicazione e di reale condivisione con il pubblico dei valori della vita.
Se mai c´è stato un "secolo breve", l´esistenza di Dmitrij Sostakovic vi è interamente contenuta: nato a San Pietroburgo nel 1906, un anno dopo l´ondata insurrezionale che aveva scosso la sua città e che viene considerata quasi come la "prova generale" della Rivoluzione del 1917, muore a Mosca nel 1975, cioè all´indomani di quella crisi petrolifera mondiale i cui effetti avrebbero trascinato nel baratro l´economia sovietica nell´arco di appena quindici anni. Oggi facciamo fatica a ricostruire con l´immaginazione le condizioni di vita reali e la natura delle battaglie che un artista come Shostakovich fu costretto ad affrontare di continuo. I processi estetici e ideologici, le accuse di "formalismo" rivolte ad alcune sue composizioni, in particolare alle prime sinfonie e all´opera Lady Macbeth del distretto di Mcensk (contestata dai portavoce ufficiali del Partito Comunista dopo le prime rappresentazioni del 1934), infine l´obbligo di inserire la musica al centro di nuovi rituali collettivi ritenuti indispensabili per dare corpo allo spirito di una nazione unita: tutto questo ci sembra sconfinare con un sogno o un incubo, quasi che alla vita reale se ne fosse sovrapposta una virtuale fatta essenzialmente di burocrazia e dispotismo, di uffici dalle stanze immense e dagli scaffali stipati di dossier, di funzionari tanto potenti da sovvertire l´esistenza di un uomo con la semplice apposizione di un timbro e al tempo stesso tanto acquiescenti con l´autorità suprema da non rispondere mai in prima persona dei propri atti.
DIMITRI SHOSTAKOVICHProprio perché nata in un´epoca sempre più distante dalla nostra comprensione immediata, la musica di Shostacovich possiede per noi qualcosa di straniante. Nelle sue Sinfonie, in particolare, è come se le ferite che Mahler aveva proiettato in un livello onirico – per esempio quei suoni d´infanzia che si ripresentano con il meccanismo del "perturbante" freudiano, cioè come il ritorno di un rimosso – comparissero in Shostakovic al livello della vita reale. Incubi, dunque, ma incubi in carne e ossa e non solo sognati. Traumi, ma traumi che fronteggiano una situazione di continua emergenza e che a volte alimentano, proprio di fronte a pericoli estremi, persino il senso di appartenere a una comunità più giusta, con l´orgoglio di chi ha combattuto per difenderla.
Tutto il kitsch, il pagliaccesco, il facilmente monumentale e il ripetitivo che troviamo nelle Sinfonie di Sostakovich sconfina con il dramma e ne diventa, anzi, l´espressione simbolica più acuta. E d´altra parte tutta la ricerca sonora, la raffinatezza dell´elaborazione dei motivi, l´inventiva travolgente con la quale Sostakovic gioca con piccole cellule da variare in continuazione o con grandi strutture da ibridare, mostrano quanto la sua musica sia frutto di una riflessione profonda e impegnativa, forse una delle più coraggiose e sincere che siano apparse nel tempo del "secolo breve".
Oggi possiamo tranquillamente annoverare Shostakovich fra i compositori più grandi del Novecento e possiamo persino collocare la sua musica in una dimensione quasi senza tempo, nel senso che supera le condizioni sociali nelle quali è nata e d´altra parte è indifferente alle inquietudini dei movimenti di avanguardia e di retroguardia. La Sinfonia n. 5, che in Occidente venne considerata fin troppo accessibile e comunicativa, è in realtà lontanissima dalla retorica sovietica dell´arte "realistica" e "popolare", ma è il frutto di un lavoro di ferrea semplificazione e stilizzazione dei tratti più innovativi emersi nella Sinfonia n. 4, punto di volta dello stile sinfonico dell´autore ma certo non ancora strutturalmente equilibrata come la Quinta. La Sinfonia n. 8 è invece uno dei documenti sonori che con maggior forza, nel Novecento, denunciano la carneficina della guerra. Ci sono passaggi nei quali i tratti tipici della retorica bellica – la contrapposizione fra buoni e cattivi, l´immagine del nemico e del pericolo, l´euforia della vittoria – emergono in primo piano. Eppure il trionfalismo è sempre tenuto lontano da un atteggiamento volutamente antiromantico, che presenta quei contenuti senza parteciparvi e quasi come se fossero visti in un cinegiornale del tempo: sullo schermo della musica, allora, scorrono le immagini delle battaglie vinte, ma nel fondo degli occhi di chi guarda resta conficcata, gelida, solo l´impressione dell´orrore.


OPERE


Sinfonia n.1 1925 saggio del diploma di composizione
Sinfonia n.2 1927
Sinfonia n.3 1929
La nuova babilonia 1929 colonna sonora del film
Lady Macbeth 1930 opera
L'età dell'oro 1930 balletto
Il naso opera
Il bullone 1931 balletto
Concerto per pianoforte 1933
Sinfonia n.4 1935
Il limpido fiume 1935 balletto mettendo il scena la vita di un kolkoz
Sinfonia n.5 1937
Sinfonia n.6 1939 ispirata al poema "Lenin" di Majakovskij
Sinfonia n.7 1941 una delle più conosciute è dedicata alla città di Leningrado
Sinfonia n.8 1943
Sinfonia n.9 1945
Concerto per violino 1947
La caduta di berlino 1949 colonna sonora del film
Sinfonia n.10 1953
Sinfonia n.11 1957
Concerto per pianoforte 1957
Concerto per violoncello 1957
Sinfonia n.12 1961
Sinfonia n.13 1962
Amleto 1963 colonna sonora del film
Concerto per violoncello 1966
Concerto per violino 1967
Sinfonia n.14 1969 - affronta il tema della morte ispirandosi ai testi di Apollinaire, Rilke, Garcia Lorca e Kuchelbecker
Sinfonia n.15 1971 - ispirata anche questa come la sinfonia precedente al tema della morte. In questa composizione si possono avvertire richiami dal Wagner della Valchiria e dal Gioachino Rossini del barbiere di Siviglia.


I Giocatori DIMITRI SHOSTAKOVICHI Giocatori
testo di Gogol’

[Igrok] Opera comica in un attoPrima:
Wuppertal, Wupperthaler Bühnen, 12 giugno 1983
Personaggi:
Icharëv, ricco mercante e baro (T); Utescitelnij (Bar), Krughel (T), Svochnev (B), giocatori; Aleksej, cameriere della locanda (B); Gavrjuska, servo di Icharev (B)
________________________________________

Sono passati tredici anni dalla stesura del Naso (1928) quando Sostakovich, da poco terminata la Settima Sinfonia ‘Leningrado’, ritorna a un testo di Gogol’, nel dicembre 1941, cominciando a scrivere l’opera comica in un atto I giocatori . Sappiamo da una lettera a Vissarion Sebalin del 10 giugno 1942 che era sua intenzione utilizzare il testo teatrale di Gogol’ così com’era, senza alcun adattamento. Ma l’impresa era ardua, data la sua ampiezza. Tant’è che nel novembre di quello stesso anno, in un’altra missiva a Sebalin, esprime le sue perplessità: ha già scritto trenta minuti di musica ed è a meno di un settimo dell’opera. Ma il lavoro gli piace, e ancora non demorde. Un mese più tardi (lettera del 27 dicembre), comunica però all’amico la decisione di abbandonare il lavoro. Dopo la tormentata vicenda di Lady Macbeth del distretto di Mzensk (1932), sarà solo con la commedia musicale Mosca, quartiere Cerëmuski (1959), che porterà ancora a termine un’opera teatrale. Nella Sonata per viola e pianoforte op.147 (1975) Shostacovich utilizzerà alcuni frammenti dei Giocatori , in particolare l’introduzione (con il suo modalismo orientale) e il monologo di Gavrjuska. Nell’esecuzione in forma di concerto (settembre 1978, Filarmonica di Leningrado), il direttore d’orchestra Rozdestvenskij ha proposto la partitura originale aggiungendo solo l’orchestrazione di alcune battute di cui esisteva, comunque, la versione per canto e pianoforte. Il compositore e musicologo polacco Krzysztof Meyer, invece, ha completato il lavoro seguendo l’intero testo di Gogol’ e in questa versione l’opera è stata allestita a Wuppertal nel 1983. La vicenda si svolge nel mondo del gioco d’azzardo, così caro alla letteratura russa (basti pensare alla Dama di picche di Puskin musicata da Caikovskij o al Giocatore di Dostoevskij musicato da Prokofev).
Il ricco mercante e baro Icharev ha fatto dell’inganno la sua filosofia di vita: giunto in una locanda, cerca compagni da gabbare al gioco delle carte, disposto a comprarsi, oltre alla fedeltà del proprio servo Gavrjuska, anche la complicità del cameriere Aleksej. Ma sono proprio gli altri ospiti dell’ostello, invece, a imbrogliarlo, spacciandosi per suoi amici e lusingandolo. Nella parte non musicata della commedia, Icharev si ritroverà vittima delle sue stesse tresche. Infatti, credendo di collaborare con gli altri tre giocatori a scapito di un quarto personaggio (in realtà loro complice, insieme ad altri due ‘commedianti’ sempre della stessa combriccola) verrà derubato e beffato.
L’aderenza al testo di Gogol fa pensare al ‘realismo’ espressivo di Musorgskij proprio per la plasticità con la quale il disegno melodico di Sostakovic si modella sulle inflessioni e sui significati delle parole. Questo avviene nei recitativi (spesso articolati in chiave sinfonica), nelle arie, ma anche negli episodi dal carattere più astratto, come il trio tra Utescitelnij, Krughel e Icharev “Then let’s all shake hands” (‘Allora, stringiamoci le mani’), dove la naturalezza espressiva è sfruttata per sviluppare procedimenti contrappuntistici e fugati. Il tono popolare dell’opera dipende anche dalla stilizzazione armonica e timbrica dei caratteri; nel monologo di Gavrjuska, ad esempio, Shostakovich utilizza, come già aveva fatto nel Naso , una balalajka basso, punteggiata dalla scala del bassotuba nel registro più grave. Ed è proprio l’orchestra a scolpire psicologicamente i personaggi e le situazioni: il lato grottesco e caustico è ‘colorato’ con estrema raffinatezza e intuizione teatrale. L’uso delle sole voci maschili e la particolare strumentazione creano un’atmosfera dalle tinte scure; il ritmo, le asprezze armoniche e l’icasticità delle figure melodiche tratteggiano un ambiente chiuso in se stesso, dove le pulsioni e le aspettative vengono viste attraverso la lente deformante di un’eccitazione febbrile e del suo disincantato risvolto grottesco.


Il Naso Dmitrij ShostacovichIl Naso
libretto di Dmitrij Shostacovich, di Evgenij Zamjatin, Georgi Ionin e Alexandr Preis, da Gogol’

[Nos] Opera in tre atti e dieci scenePrima:
Leningrado, Teatro Malij, 18 gennaio 1930 Personaggi:
Platon Kovalyov (Bar), Ivan Yakovlevic (B), Praskova Osipovna (S), un brigadiere (T), Ivan (T), il Naso (T), il cameriere della contessa (Bar), l’impiegato della redazione (B), il padre (B), la madre (S), due figli (T, Bar), Piotr Feodorovic (T), Ivan Ivanovic (Bar), la vecchia signora (A), un’ambulante (S), il dottore (B), Yaryzkin (T), Pelagia Podtocina (Ms), sua figlia (S), un ometto (T), due parvenu (T, B), lo speculatore (B), un colonnello benemerito (T), due dandy (T, B), un tizio (B), la portinaia (Ms), i suoi due figli (B), tre conoscenti di Kovaliov (T, B, B), il cantoniere (B), l’aiduco (B), il piantone (T), il vetturino (T), il cocchiere (T), due accompagnatori (rec), Hozrev-Mirza, conoscente di Yakovlevic (rec); domestici, poliziotti, scroccone, signori, studenti
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Se in generale può essere un metodo discutibile premettere all’esposizione di un lavoro artistico considerazioni preliminari di carattere storico-politico, nel caso di un’opera come Il naso è invece quasi indispensabile, per comprenderne la stessa genesi estetica, per tener conto della specifica situazione nella quale la prima opera di Šostakovic nacque, visse brevemente e quindi cadde nell’oblio. Il primo decennio seguente alla rivoluzione d’ottobre fu un periodo di grande fermento creativo per il giovane stato sovietico, uscito vittorioso ma stremato dalla tremenda guerra civile. Sono gli anni della nuova politica economica (Nep) e della gestione del Ministero della cultura da parte di Anatolij Lunacarskij, favorevole allo sviluppo dei movimenti di avanguardia. Nel breve volgere dei pochi anni, in cui un clima più liberale accompagnò la costruzione delle strutture del nuovo stato, si sviluppò una considerevole fioritura di creatività e di sperimentazione praticamente in ogni ambito artistico e letterario: dal costruttivismo della parola di Majakovskij e dell’immagine di Rodcenko, al suprematismo di Malevic, al teatro bio-meccanico di Mejerchold, alla giovane scuola cinematografica di Eizenstein, per citare solo i più noti. Tuttavia per questa generazione di artisti ogni progetto formale o tematica prendeva corpo e significato all’interno di una più generale discussione ideologica sul senso dell’arte e sul suo significato nella società. Nel grande dibattito in cui fu immersa la Russia in quei pochi anni, naturalmente, molto si discuteva anche circa la creazione di una nuova musica, e in particolare di un nuovo teatro musicale. Il genere operistico, pur essendo estremamente popolare, stentava a trovare rappresentanti convincenti dello stile ‘sovietico’. Vi fu un certo sforzo da parte dei principali teatri di stimolarne lo sviluppo facendo conoscere i più innovativi lavori dei musicisti ‘borghesi’, come Wozzeck di Berg, Der ferne Klang di Schreker, L’amore delle tre melarance di Prokofev. Nonostante ciò, il pubblico continuava a preferire i classici del repertorio e le opere intrise del cosiddetto ‘vampukismo’, ossia di quel misto di sentimentalismo, spirito d’avventura e intrecci favolosi reso celebre dall’opera Vampuka , la sposa africana dell’oggi ignoto Vladimir Erenberg. In questo contesto Shostakovic si accinse, nel 1927, a comporre la sua prima opera, a parte il precedente tentativo appena abbozzato da studente di musicare Gli zingari di Pushkin. Il giovanissimo pianista e compositore si era già segnalato l’anno prima con lo straordinario esito della sua Prima sinfonia , saggio di licenza dal conservatorio, che aveva stupito e entusiasmato il pubblico di Leningrado. Grazie all’interessamento di amici, Sostakovich conobbe il regista Vsevolod E. Mejerchold, il quale ben presto lo incaricò della direzione musicale del Gostim, il suo teatro moscovita. Sotto lo stimolo affettuoso della personalità del regista e a contatto diretto con la vita del teatro, Sostakovic portò a termine nel 1928 la partitura del Naso , e l’anno successivo compose le musiche di scena per il celeberrimo allestimento della Cimice di Majakovskij. Nella elaborazione drammaturgica Il naso risente senz’altro dell’influenza di Mejerchold, che attribuiva una grande importanza alla musica nella sua concezione di teatro (una volta affermò: «tutto quello che ho imparato sul violino l’ho trasferito poi nel mio teatro»). Shostakovich spiegò così perché decise di prendere spunto dalla celebre novella omonima di Gogol’, contenuta nella raccolta dei Racconti di San Pietroburgo : «Autori sovietici hanno creato un gran numero di lavori grandi e altamente significativi, ma dal momento che non sono uno scrittore era difficile per me trarre un libretto da uno di essi. Nessun autore ha voluto aiutarmi: alcuni non avevano tempo o erano troppo impegnati, altri ancora non erano interessati allo sviluppo dell’opera sovietica. Sarebbe stato molto più facile ricorrere a qualche breve testo, ma non ho trovato nella nostra letteratura contemporanea niente di adatto a un’opera. Non rimaneva altro che rivolgersi ai classici. Ho pensato che un’opera di soggetto classico sarebbe stata più accettabile ai nostri giorni se fosse stata satirica (...). Alla fine ho scelto il Naso di Gogol’».
Come si comprende dal tono giustificatorio di queste parole, una delle più ricorrenti critiche al lavoro di Shostacovich fu di non aver scelto un soggetto rivoluzionario e sovietico. La spiegazione fornita peraltro sembra più adatta a schivare l’attacco che a motivare una scelta che, a distanza storica, appare assolutamente coerente, non fosse altro per quel marcato umorismo grottesco, venato di tragedia, che si manifesta nella maniera di Sostakovich già dalla Prima sinfonia . Risulta assai più convincente sotto questo profilo invece un’altra osservazione del compositore: «Il soggetto del Naso mi ha attratto per il suo contenuto fantastico e assurdo, esposto da Gogol’ in un tono strettamente realistico». Su questo particolare tratto stilistico Shostakovic ha evidentemente riflettuto molto anche per la drammaturgia della sua opera, in cui l’umorismo nasce spesso dallo scarto ironico tra l’assurdità della situazione e la serietà del trattamento musicale. Dmitrij Shostacovich
Ma il clima nel quale fu creato Il naso era già irrimediabilmente cambiato all’epoca della sua prima rappresentazione, nel 1930. I segni di un mutamento di direzione della politica culturale sovietica erano sempre più evidenti. Gli oppositori dello stile sperimentale e avanguardistico, accusato di soggiacere al ‘formalismo borghese’, e i fautori di un ‘realismo socialista’, fondato su un linguaggio più immediatamente accessibile alle ‘masse popolari’, si affermavano sempre più prepotentemente. L’effetto dunque della provocatoria e spericolata opera di Sostakovic arrivò in certo senso fuori tempo, e fu simile, come scrisse un recensore avverso, «a una bomba a mano scagliata da un anarchico». L’opera che doveva rappresentare dunque una roccaforte del nuovo stile sovietico si arenò dopo 13 rappresentazioni, a cui ne seguirono solo altre due l’anno successivo. Ciononostante Shostakovich rimase ancora stimato come uno dei talenti più promettenti della nuova era, e scontò i suoi peccati di gioventù solo nel 1936, con la famosa condanna sulla ‘Pravda’ della sua seconda opera Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk . Censurato per implicita associazione, del Naso non si riparlò più in Russia fino alla memorabile ripresa del titolo al Teatro da camera di Mosca per la regia di Boris Pokrovski nel 1974, preceduta da un allestimento a mo’ di ballon d’essai a Berlino Est (1969), nel quale peraltro si fece di tutto per recuperare il più possibile gli aspetti satirici e grotteschi alla critica sociale, letti attraverso le lenti di una drammaturgia ‘straniante’ e brechtiana. In Italia l’opera arrivò nel 1964 al Maggio musicale fiorentino con la regia di Eduardo De Filippo.
La vicenda, ambientata all’epoca di Nicola I, segue il percorso del racconto, da cui sono tratti quasi testualmente i dialoghi, ripristinando la scena della cattedrale che Gogol’ aveva dovuto ambientare in un mercato per problemi di censura. Furono incluse invece delle scene supplementari, in particolare la caccia al naso nella stazione di posta, per le quali sono stati usati altri testi di Gogol’ ( Le anime morte , Taras Bul’ba , Proprietari d’altri tempi , Diario di un pazzo , Il matrimonio , La notte di Natale , La fiera di Sorocincy . Per la canzone del servo di Kovaliov Ivan (II,6) i librettisti hanno preso invece alcune parole di Smerdiakov, un personaggio dei Fratelli Karamazov .
Atto primo. A Pietroburgo. Il barbiere Ivan Yakovlevic sta rasando l’assessore di collegio Platon Kovaliov, che lo rimprovera per il cattivo odore delle sue mani. Yakovlevic, appena svegliatosi, taglia una fetta del pane sfornato un momento prima dalla moglie, Praskova Ossipovna. Con sconcerto, si accorge che nell’impasto si trova un naso. La moglie lo accusa di averlo tagliato a qualcuno mentre era ubriaco, e lo caccia fuori di casa perché se ne sbarazzi. Credendo di essere inosservato, il barbiere cerca di liberarsene buttandolo nella Neva, ma un brigadiere ferma il poveretto per chiedere spiegazioni. Nel frattempo Kovaliov, che ama farsi chiamare Maggiore, scopre risvegliandosi di essere inspiegabilmente privo del naso e corre fuori di sé al commissariato. Passando davanti alla cattedrale di Kazan, Kovaliov scorge tra i fedeli il proprio naso, vestito da Consigliere di stato. Imbarazzato, Kovaliov avanza un timido reclamo verso il superiore, il quale gli gira le spalle apostrofandolo sdegnosamente.
Atto secondo. Dal momento che il commissario di polizia è assente, Kovaliov si risolve a pubblicare un annuncio sul giornale. Nella redazione l’impiegato, malgrado l’evidente assenza del naso, rifiuta di inserire la richiesta per non compromettere la serietà del giornale. Tornato al suo appartamento, Kovaliov è abbattuto per la sua miserabile situazione, che lo specchio gli conferma per l’ennesima volta.
Atto terzo. La polizia è mobilitata per impedire che il naso lasci la città. Alla stazione di posta il commissario osserva il via vai della folla. Mentre il postiglione dà il segnale, il naso, nelle spoglie del consigliere di stato, si slancia per prendere la carrozza in partenza. Dato l’allarme, il brigadiere cerca di agguantarlo. Il naso-gentiluomo scappa, braccato da un nugolo di inseguitori. Alla fine del parapiglia, di tutto l’insolito gentiluomo non rimane che un naso nelle mani di una vecchia signora. La scena successiva è sdoppiata sul palcoscenico: da un lato si vede l’appartamento di Kovaliov, dall’altro quello della vedova Pelagia Podotcina. Kovaliov ringrazia il brigadiere per avergli riportato il naso, ma non riesce a rimetterlo al suo posto, né giova l’intervento di un medico gonfio di prosopopea. Kovaliov sospetta la vedova Podotchina di avergli fatto il malocchio, per non aver accettato di sposare sua figlia. Prega l’amico Jaryskin di scriverle una lettera in cui le intima di fargli tornare l’aspetto di prima. La signora replica con un’altra lettera in cui, equivocando ogni significato contenuto nella precedente, si meraviglia per gli ingiusti rimproveri, ma conferma però di gradire Kovaliov come genero. Tutta la città parla ormai della straordinaria vicenda, e i curiosi sbirciano dappertutto per vedere il famoso naso, che si dice se ne vada in giro da solo. Senonché il naso ritorna inesplicabilmente al suo posto sul volto di Kovaliov, il quale riprende la vita di sempre, rasato dal barbiere a cui puzzano le mani. Durante una passeggiata il maggiore Kovaliov incontra la signora Podotcina, che non perde occasione per cercare di accasare la figlia. Ma Kovaliov, come al solito, rifiuta e preferisce fare la corte a una graziosa ambulante, mentre continua la passeggiata toccandosi con orgoglio il naso ritrovato.
Dmitrij Shostacovich IL NASOIl naso è un’opera concepita in termini ‘estremisti’. Il contenuto stesso spinge la raffigurazione realistica della vita quotidiana fino al suo estremo – il grottesco. La vicenda appariva al pubblico di Shostacovich ancora più farsesca, in quanto all’epoca di Gogol’ il tema del naso era un corrente motivo giornalistico di doppi sensi sessuali col quale i lettori erano abituati a divertirsi. Estremo è il ritmo impresso al racconto, che ricorda quasi la scansione cinematografica (Shostakovic aveva lavorato a lungo come pianista accompagnatore nelle sale di proiezione); estrema è la concezione della vocalità, che comprende in pratica ogni possibile uso della voce, dal parlato ritmico al canto melodico al rumorismo puro e semplice; estrema è la commistione delle forme musicali, in cui si trovano tanto i più volgari ballabili quanto il contrappunto rigoroso, essendo il talento per l’eclettismo già uno dei tratti stilistici più notevoli di Sostakovich. La nozione del teatro bio-meccanico di Mejerchold è indubbiamente presente in un’opera dove tutti i personaggi sembrano comportarsi in modo automatico, e tendono a scandire l’espressione dei propri pensieri secondo i ritmi di un ingranaggio musicale. Infine la stessa disposizione dell’orchestra è quanto di più lontano si possa immaginare da un accompagnamento tradizionale: la musica si agglutina, si raggruma in piccolissime unità di timbro, perennemente instabili e cangianti, quasi una catena di strumenti isolati o riuniti in piccoli gruppi. Il tentativo dell’autore era appunto di raggiungere un totale equilibrio tra intonazione della parola e espressione musicale, cercando quindi di identificare quasi gli strumenti con i personaggi. Al puntillismo dei timbri corrisponde l’irrequietezza dei ritmi, cui le percussioni adoperate con abbondanza conferiscono una pronunciata asprezza: memorabile è l’interludio del primo, affidato alle sole percussioni non intonate. Estreme infine sono anche le difficoltà di allestimento, considerato il carattere cameristico dell’opera: si contano ben 78 personaggi, per i quali occorrono, anche raddoppiando o triplicando i ruoli, quasi una quarantina di cantanti piuttosto versatili, e un impianto scenografico capace di provvedere ai continui cambiamenti di scena. Per la produzione della ‘prima’ occorsero, secondo la memoria del direttore Samuel Samosud, circa 150 prove al pianoforte, altre 50 con l’orchestra e ben 8 prove in costume.
Shostakovich volle creare un’opera certamente fortemente innovatrice, ma non velleitaria. Il naso non era costruito sul vuoto, essendo in realtà le sua fondamenta saldamente poggiate sulla tradizione musicale russa. La scelta di un autore come Gogol’, tanto amato da Musorgskij, è in fondo un esplicito richiamo a una continuità culturale, che aveva un suo specifico riferimento nel teatro musicale nazionale. Il recitativo dialogico, su cui si regge in effetti tutta l’opera, costituiva l’elemento centrale da cui si era sviluppato una delle linee fondanti dell’opera russa, sin dai tempi del Convitato di pietra di Dargomyzskij. Il naso , sotto questo profilo, è un capitolo importante nella storia del rapporto tra musica e lingua nazionale, in cui sono da elencare pietre miliari che si diramano, come immediato antecedente, fino al Giocatore di Prokofev.


Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk Dmitri Sostakovic Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk

libretto di Dmitri Sostakovic e di Alexander Prejs, dal racconto omonimo di Nikolaij Leskov

[Ledi Makbet Mcenskogo uezda] Opera in quattro atti e nove quadriPrima:
Leningrado, Teatro Malij, 22 gennaio 1934
Personaggi:
Boris Izmailov, mercante (B); Sinovio Izmailov, mercante, suo figlio (T); Caterina Lvovna moglie di Zinovi (S); Sergej, lavorante degli Izmailov (T); Aksinia, cuoca degli Izmailov (S); un servo ubriaco (T); un fattore (B); tre capisquadra (T); il garzone del mugnaio (T); il cocchiere (B); il portiere (B); il pope (B); il brigadiere della polizia (B); il poliziotto (B); l’insegnante (T); il maresciallo (B); la guardia (B); Sonetka, una forzata (A); due forzati (S, B); il fantasma di Boris (coro); lavoratori, ospiti, forzati
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Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk , basata su una novella di Leskov e composta da Shostacovich tra il 1930 e il ’32, venne rappresentata a Leningrado e a Mosca nel 1934. Il suo allestimento scatenò le accese critiche da parte dei portavoce ufficiali del governo, che considerarono il linguaggio di Shostakovic poco comunicativo e troppo sofisticato dal punto di vista della ricerca strutturale. Inoltre, venne severamente condannata la modernità della scrittura e l’audacia di alcune situazioni, in particolare della scena d’amore tra Caterina e Sergej nel primo atto. L’accusa parte dal famoso articolo di Zdanov ‘Caos anziché musica’, pubblicato sulla ‘Pravda’ il 28 gennaio 1936. Nonostante la sua attiva partecipazione alle organizzazioni statali (anche ai vertici delle gerarchie ufficiali e burocratiche), Sostakovich viene duramente redarguito per essersi allontanato dalle istanze del ‘socialismo reale’. In un momento di grande fervore creativo, quindi, nel corso del quale termina anche la stesura della Quarta Sinfonia , egli deve scontrarsi con l’ostruzionismo dell’ideologia costituita. Dopo Il naso (1930), nel quale aveva affrontato l’universo popolare e grottesco di Gogol’, Shostakovich si misura qui con una tematica carica di tensioni, non priva di aspetti grevi. Sappiamo da un passo delle Memorie del compositore, curate da Solomon Volkov, che Sostakovic si era avvicinato al soggetto per amore di Leskov ma anche grazie alla carica suggestiva delle erotiche illustrazioni di Kustodiev e al film, definito «vigoroso e avvincente», di Ceslav Savinski.
L’opera si incentra sul personaggio femminile di Caterina, protagonista indiscussa. Infatti, era nelle intenzioni di Shostacovich continuare, fino al compimento di una tetralogia, con altri ritratti di donne russe, in sintonia con lo stesso Leskov che pensava di scrivere addirittura dodici racconti, otto dei quali su contadine e quattro su donne di altre classi sociali. Entrambi, però, si fermarono a questo primo tassello del loro progetto ‘al femminile’.
Atto primo . Quadro primo . Vengono sottolineate le umiliazioni alle quali Caterina è sottoposta da parte del suocero, che non solo la importuna e vorrebbe possederla, ma le rinfaccia di non riuscire ad avere figli. Come se non bastasse, poiché il marito di Caterina, Sinovio, dovrà allontanarsi per alcuni giorni, Boris le fa giurare, davanti a tutta la servitù, che rimarrà fedele al consorte lontano. La cuoca Aksinia, allora, interviene e le fa notare un bel garzone assunto da poco. Quadro secondo . È incentrato su alcuni lavoranti che insidiano e maltrattano la deforme Aksinia, aizzati proprio da Sergej. Caterina interviene in difesa della donna, ma pur essendo provocata da Sergej, ne rimane attratta. Quadro terzo . Caterina si dispera per la sua atroce solitudine. Sergej si introduce nella sua camera da letto e seduce Caterina.
Atto secondo . Quadro primo . Boris è eccitato e tormentato dalla presenza di Caterina, al punto da decidere di assolvere ai doveri coniugali in vece del figlio. Mentre sta progettando tali lascivie, gli cade addosso, dalla finestra della camera di Caterina, Sergej. Boris lo riduce in fin di vita a frustate di fronte agli occhi di tutti i servitori e di Caterina stessa; quindi Sergej viene rinchiuso in cantina. Caterina avvelena Boris mettendo del veleno per topi nel suo piatto; dopo avergli sottratto la chiave della cantina dove è rinchiuso l’amante, assiste alla funzioni del pope, chiamato per assistere il moribondo. Quadro secondo . Caterina è a letto con Sergei, tormentata dai rimorsi: arriva il marito, che viene ucciso dai due e nascosto in cantina. Dmitri Sostakovic
Atto terzo . Quadro primo . Caterina e Sergej si sposano, mentre il marito è dato per disperso. Caterina è ossessionata da ciò che ha fatto e guarda terrorizzata verso la cantina. Un servo ubriaco, mentre gli altri sono in chiesa per il matrimonio, credendo che le occhiate di Caterina nascondano la presenza di un buon vino, sfonda la porta della cantina, trova il cadavere di Sinovio e chiama la polizia. Quadro secondo . Nel distretto di polizia i gendarmi si annoiano e, per passare il tempo, si divertono a creare problemi a qualche intellettuale, ad esempio accusando di nichilismo un innocente insegnante. Quadro terzo . Caterina, alla fine della cerimonia, si accorge che la cantina è stata aperta ma è troppo tardi per fuggire.
Atto quarto . Caterina e Sergei si trovano in un accampamento, di notte, mentre sono in viaggio verso la Siberia perché condannati ai lavori forzati. Caterina corrompe una guardia perché le permetta di passare la notte con Sergei, ma lui la considera ormai solo una fonte di disgrazie ed è invece attratto da un’altra detenuta più giovane, Sonetka, alla quale regala le calze di lana che Caterina gli ha dato. Tutti si prendono gioco di lei: Caterina, disperata, si getta nel fiume trascinando con sé la rivale. Le due donne annegano, mentre i deportati riprendono la marcia.
Sia nel film La nuova Babilonia , sia collaborando alla messa in scena della Cimice di Maiakovskij, Shostakovic si era già avvicinato al genere grottesco, del quale coglieva in particolare il lato ambivalente, dissacratorio e trasgressivo. Comportamenti, persone, situazioni si deformano, si mescolano, si rendono metamorfici grazie all’ottica sarcastica che, nel caso di Lady Macbeth , svela il lato tragico dell’esistenza sotto la patina dei pregiudizi morali e dei codici comportamentali sanciti. Sostakovich era infatti attratto dall’estetica di Goya e provava un forte interesse per i processi psicologici e mentali come venivano fantasticamente reinventati da Hoffmann e da Poe. Insomma, la realtà, per lui, non è mai una, ma svela sempre le sue molteplici facce: e Caterina, a differenza del personaggio originale di Leskov, viene letta da Prejs e da Sostakovic come simbolo dolente di una scelta distruttiva e autodistruttiva, cui la crudeltà dei costumi patriarcali l’hanno costretta. La donna, nel periodo pre-rivoluzionario, non ha possibilità di vivere le proprie passioni con spregiudicatezza, se non optando per la follia e la degradazione. Ecco quindi che dal racconto originale vengono eliminati alcuni aspetti inconciliabili con questo tipo di denuncia. Caterina, per amore del garzone Sergei, uccide sì, in combutta con l’amante, il ricco e indifferente marito e l’astioso e crudele suocero ma non, come nella vicenda di Leskov, il nipote indifeso e malato Fedia. Inoltre, viene tagliato l’episodio in cui Caterina, con indifferenza, affida il figlio suo e di Sergei a un’anziana sorella del suocero, prima di partire. Caterina, quindi, rappresenta le contraddizioni di un personaggio lacerato e tragico: figura sfaccettata e polivalente, dà carattere a tutta l’opera assumendo su di sé l’unico vero e proprio ruolo lirico, appassionato ed espressivo in senso tradizionale. Gli altri personaggi sono quasi sempre connotati da stilizzazioni volgari, da musica di consumo o da intonazioni grottesche e forzate. È significativo che proprio questi aspetti stranianti, che creavano un’increspatura psicologica tra l’autenticità della solitudine di Caterina e il torbido malessere degli altri personaggi, abbiano urtato il sistema ideologico sovietico dell’epoca. Le accuse rivolte alla vecchia famiglia di stampo maschilista infastidivano l’ottimismo ipocrita ed edificante del regime. Questo è forse il motivo dell’abbandono, da parte di Shostakovich, dei lavori teatrali che, a eccezione della commedia musicale composta molto più tardi, Mosca, quartiere Cerëmuski (1959), rimasero tutti allo stadio di abbozzo. Dmitri SostakovicNella versione riveduta, che andò in scena nel 1963 a Mosca, con il nuovo titolo Katerina Izmajlova , l’opera, ripresa grazie all’atmosfera di ‘disgelo’ di quegli anni, è comunque ‘ripulita’ dagli aspetti più truculenti e dalle scene più erotiche; viene inoltre enfatizzato l’aspetto della denuncia sociale. Riproposta in Europa e negli Stati Uniti, ispirerà un film (dal titolo Katerina Izmajlova , 1967) diffuso in tutto il mondo.
La grande vocazione narrativa di Shostacovich (che confluisce nelle ben 36 musiche per film da lui composte), è riconoscibile nella forte carica evocativa del tessuto sinfonico, dal quale sembra scaturire e nel quale pare nascondersi il senso ultimo e sfuggente delle passioni e delle miserie umane. I quadri, all’interno degli atti, sono collegati da suggestivi e intensi interludi orchestrali (rispettivamente: Intermezzo Largo, Intermezzo Allegro con brio nel primo atto, Intermezzo Largo e passacaglia nel secondo, Intermezzo Allegro nel terzo) che risentono, come del resto tutto il continuum sinfonico sotteso all’opera, della tradizione romantica occidentale e in particolare di Musorgskij (del quale, tra l’altro, Sostakovic aveva orchestrato Boris Godunov e Chovanscina ), soprattutto nel finale. Shostakovic dimostra di possedere uno spiccatissimo senso del divenire teatrale, inserendo, ad esempio, lo Scherzo sinfonico della scena del commissariato di polizia, prima della tragica e gelida fissità del quarto atto. I momenti intensamente lirici della protagonista, la malleabilità descrittiva e stilizzata dei galop che accompagnano l’amplesso degli amanti, l’ironia sottolineata dall’impertinenza degli ottoni, tutto concorre a delineare una melopea vocale e una organicità sinfonica di grande sensibilità psicologica e plasticità drammaturgica.


SHOSTAKOVICH E SAN PIETROBURGO


Teatro


La Filarmonica di Sostakovic, una delle più antiche in Russia, ha due meravigliose sale da concerti (Bolshoy Zal in Mikhailovskaya ulitsa 2 e Maly Zal in Nevsky prospekt 30) e qui si tengono i concerti e i festival musicali più importanti della città. http://www.philharmonia.spb.ru/


BIBLIOGRAFIA


Hofmann M. R., Dimitri Chostakovitch: l'homme et son oeuvre, d’Aubin Liguge, Vienne, 1963.
Meskhishvily E., Dmitrij Sostakovich, Mockba, 1995.
Pulcini F., Sostakovic, EDT musica, Torino, 1988
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